Analisi gustativa del vino

Perché eseguiamo l'analisi gustativa del vino?

In primo luogo verifichiamo che non ci siano sapori anomali o alterazioni. L’esame gustativo rappresenta il terzo passaggio dell’analisi organolettica. Il gusto nonostante possa sembrare un senso più complesso rispetto all’olfatto, lavora pienamente in sinergia con il senso olfattivo. A conferma di quanto appena detto ricordo l’incapacità di percepire i sapori quando siamo raffreddati. Infatti un banale raffreddore chiude il passaggio di aria tra la cavità orale e quella nasale ed è per questo motivo che spesso sentiamo parlare di analisi gusto olfattiva.

L’analisi gusto olfattiva non solo ci fornirà informazioni sui quattro sapori fondamentali del dolce, dell’acido, del salato e dell’amaro. Ma ci fornirà anche sensazioni tattili quali: la pseudo calorica data dagli alcoli, l’astringenza data dai tannini, la pungenza data dall’anidrite carbonica e la consistenza data dall’estratto secco. Senza tralasciare la sensazione termica data dalla temperatura. Inoltre metteremo molta attenzione alle sensazioni retronasali lasciate in bocca dagli aromi.  

Dalle componenti del vino.

Attraverso la percezione delle sensazioni date dalle componenti del vino valuteremo la struttura o corpo del vino composta dagli alcoli, dagli acidi, dai sali, dai tannini ed eventualmente dagli zuccheri se presenti. Passeremo ad esprimere una valutazione sull’equilibrio gustativo, sull’intensità e sulla persistenza. Poi riassumeremo tutto quello analizzato per dare un giudizio sulla qualità gustativa che come nell’analisi olfattiva esprime una sintesi critica e soggettiva. E in fine faremo un ragionamento sullo stato evolutivo e sullo stato generale dell’armonia.

Come eseguiamo l'analisi gustativa del vino?

I passaggi fondamentali.

Per eseguire correttamente l’analisi del vino dobbiamo rispettare una serie di passaggi.

La presa del calice.

Impugniamo con la mano sinistra lo stelo del bicchiere e lo portiamo sulla mano destra. A questo punto lo prendiamo dalla base con cui poggia solitamente nelle superfici.

Primo assaggio.

Portiamo il bicchiere alla bocca per introdurre una moderata quantità di vino in modo da “avvinare” tutta la cavità orale. Il vino deve arrivare per mezzo della lingua tra il labbro superiore e i denti. In questa zona percepiamo meglio tutti i piccoli difetti come ad esempio il sentore di tappo.

Secondo assaggio.

A questo punto mettiamo in bocca un’altra porzione di vino e la portiamo nella parte anteriore della bocca. Inspiriamo attraverso i denti una piccola quantità d’aria. In questo modo il vino sarà impresso con maggiore forza sulle papille gustative

Movimento della lingua.

Con la lingua esercitiamo una leggera pressione del vino contro la volta palatina e poi indirizziamolo verso le gengive.

Deglutizione.

Dopo aver deglutito il vino, espiriamo attraverso il naso.

Masticazione a bocca vuota.

La masticazione a bocca vuota è il modo migliore per valutare la persistenza aromatica intensa. La PAI è la permanenza delle sostanze aromatiche misurata in secondi.

I tempi di percezione durante l’analisi gustativa del vino.

I quattro sapori fondamentali non sono codificati contemporaneamente dal nostro cervello ma vengono letti in modo sequenziale nel tempo. Questo perché la sensibilità dei recettori è diversa nei confronti dei sapori. Gli esperti affermano che il tempo che intercorre tra lo stimolo e la percezione della dolcezza è di 1 secondo. Il tempo per percepire l’acidità e la sapidità è di 2 secondi. Mentre per percepire i tannini  servono 3 secondi segue la percezione dell’alcol che avviene per ultima.

La mappa del gusto per l’analisi gustativa del vino.

Lo scienziato tedesco David Hänig scrisse una mappa del gusto nel 1901 sulla sensibilità della lingua rispetto ai diversi sapori. Il professor Edwin Boring, dell’università statunitense di Harvard, nel Massachusetts, la tradusse in inglese l’anno successivo. Essa  circola quasi indisturbata da allora . Difatti questa mappa non è del tutto corretta. Dice che il dolce è percepito sulla punta della lingua, il salato e l’acido sui lati, l’amaro sul retro e il tattile e il chimico al centro. Gli scienziati chemosensoriali moderni affermano che non ci sono diverse zone nella lingua. Piuttosto, i recettori adibiti a raccogliere queste sensazioni sono sparsi in tutta la cavità orale.

Le sensazioni saporifere nell'analisi gustativa del vino.

Le principali sensazioni del sapore fisiologicamente riconosciute dalle papille gustative sono: la dolcezza, l’acidità, la sapidità e l’amarezza.  

La dolcezza e la morbidezza.

La sensazione di dolcezza è una macro sensazione determinata dagli zuccheri che possiamo ritrovare nel vino in diverse proporzioni. È una sensazione piacevole di vellutata rotondità che si avverte sulla punta della lingua e sulle mucose della bocca. Un vino è definito dolce quando il residuo zuccherino è superiore ai 50 grammi per litro. Più avanti vedremo quando un vino è definito amabile, abboccato o secco. Invece quando i residui zuccherini sono ridotti intorno a 5 grammi la sensazione può essere definita come una sfumata dolcezza. Allora in quel momento parleremo di morbidezza. È però importante sapere che ci sono altri casi in cui avvertiamo la sensazione di morbidezza. Una possibilità è quando abbiamo la presenza di glicerolo derivante dalla vendemmia tardiva. Il secondo caso è quando il vino ha attraversato la fermentazione malo-lattica. Ritornando alla dolcezza possiamo paragonarla a quando mettiamo in bocca un cucchiaino di miele.

L'acidità.

La sensazione di acidità è una macro sensazione che viene data dagli acidi naturalmente presenti nel vino. È una sensazione dura e aspra avvertibile soprattutto sulle zone laterali della lingua e in quelle sublinguali. Gli acidi hanno la proprietà di irritare la mucosa provocando una leggera contrazione gengivale con relativa salivazione. Nel vino è valutata come una sensazione di pseudo freschezza. Come vedremo più avanti gli acidi danno sensazioni che possono variare dall’aspro, al citrino fino ad arrivare a quello un po’ più morbido. Per avere un’idea di acidità possiamo pensare ad una spremuta di limone.

La sapidità.

Quella della sapidità è una micro sensazione determinata dai sali minerali comunemente presenti nel vino. È una leggera sensazione salina avvertibile nelle zone laterali e in quelle dorsali della lingua e contribuisce nella percezione della durezza. I sali procurano una piacevole sensazione sapida quando la quantità è moderata e di conseguenza coperta dagli acidi. Mentre danno una sensazione salata quando la dose è più elevata e poco mascherata dagli acidi. Inoltre i sali possono derivare dalla coltura agronomica del territorio ma si possono anche formare per salificazione degli acidi durante la vinificazione in cantina.

L'amarezza.

L’amarezza è una micro sensazione determinata dalla presenza dei tannini che possono essere presenti in diversi stati di ossidazione. È descrivibile come una sensazione amarognola di leggero e piacevole amaricante avvertibile alla base della lingua e quindi nel retrobocca. In base alla diversa tipologia di tannini possiamo provare anche sensazioni di astringenza e asciuttezza. Difatti durante una degustazione possiamo sentire parlare di tannini nobili o di tannini giovani e ruspanti. D’altronde una ancora più pronunciata sensazione amara è da valutare negativamente. Per descrivere questa sensazione basta pensare alla mela cotogna.

Le sensazioni tattili all'analisi gustativa del vino.

Le sensazioni tattili sono avvertibili dalle mucose e dalle papille filiformi che si trovano al centro della lingua. Le più importanti nel vino sono: la termica, la pseudo-calorica, l’astringenza, la pungenza e la consistenza.

La termica.

La sensazione termica non è altro che la percezione della temperatura della morbidezza e della durezza del vino. Le sensazioni della dolcezza e della morbidezza sono maggiormente percepite all’aumentare della temperatura. Ecco perché serviremo un vino bianco dolce alla temperatura di 12 gradi centigradi a differenza di un vino bianco secco che serviremo alla temperatura di 8 gradi centigradi. Ovviamente questo è un esempio, ci sono tante eccezioni!!. Al contrario delle prime due sensazioni la sapidità e l’amarezza saranno maggiormente percepite al diminuire della temperatura. È per questo motivo che un vino ricco di tannini e di sali non andrebbe servito troppo freddo. L’unica sensazione che non è direttamente condizionata dalla temperatura è l’acidità, che è influenzata indirettamente dall’aumentare o dal diminuire dalle temperature degli altri elementi. Quindi scegliere la giusta temperatura di servizio di un vino diventa una capacità professionale che stabilisce il giusto compromesso tra le parti.

La pseudo-calorica.

La presenza dell’alcol determina la disidratazione delle mucose orali causando un senso di calore nella bocca. Più è alta la concentrazione dell’alcol più è forte la sensazione di caldo e quindi di pseudo-calore. Per esempio, se bevessimo un bicchierino di distillato, sulla lingua si svilupperebbe la sensazione di causticità, mentre tra la faringe e l’esofago si formerebbe la sensazione di bruciore.

L'astringenza.

La sensazione di astringenza è la percezione della secchezza e della rugosità avvertita dalle mucose e dalle papille filiformi nella parte finale della lingua. È determinata dalla presenza dei tannini che si legano con la mucina, una glicoproteina presente nella saliva. Sappiamo che la saliva è prodotta dalle ghiandole con funzione di lubrificare e sciogliere il cibo preparandolo alla digestione. Quindi la mancanza della lubrificazione salivare provoca una sensazione descrivibile come un senso di secchezza

La pungenza.

La sensazione di pungenza è data dall’effetto dell’anidride carbonica disciolta nei vini spumanti che provoca una sensazione di pizzicore, come se dei micro spilli pungessero la bocca. In questa sensazione possiamo evidenziare due estremi. Da una parte abbiamo la sensazione di cremosità procurata da delle bollicine piccolissime. Nell’altro estremo abbiamo bolle grossolane che accentuano la sensazione di pizzicore e di durezza. Ognuno di noi ha sicuramente fatto questa esperienza bevendo un bicchiere di acqua gasata!!. E quest’ultima non è sinonimo di pregio in un vino che spumeggia.

La consistenza.

La sensazione di consistenza è avvertita su tutta la superfice della cavità orale. Si prova quando c’è un contatto fisico con una qualsiasi sostanza, sia essa liquida, sciropposa o solida. È il modo con cui il nostro strumento orale codifica la tridimensionalità delle sostanze e nel caso del vino la sua fluidità o consistenza. In particolare faremo riferimento alla struttura del vino che come risaputo potrebbe scivolare velocemente in bocca oppure dare un senso di pienezza.

Cosa valutiamo con l'analisi gustativa del vino?

Come già detto prima, attraverso l’analisi sensoriale valutiamo gli alcoli, gli acidi, i sali, i tannini ed eventualmente gli zuccheri se presenti. Servirà ad esprimere un giudizio sulla struttura, sull’equilibrio, sull’intensità, sulla persistenza e sulla qualità gusto-olfattiva. E in fine avremo le informazioni per fare un ragionamento sullo stato evolutivo e sullo stato generale dell’armonia.

Gli zuccheri.

Gli zuccheri principali della sensazione di dolcezza nel corso dell’analisi gustativa del vino, sono il fruttosio e il glucosio. Durante la fermentazione alcolica i lieviti demoliscono la struttura degli zuccheri producendo alcol etilico, anidride carbonica e parallelamente sostanze aromatiche secondarie. In alcuni casi gli zuccheri non saranno completamente fermentati e quindi avremo un residuo zuccherino. Inoltre, la valutazione degli zuccheri non si basa sulla quantità realmente presente nel vino ma si basa sulla reale percezione. Quindi il sapore dei vini dolci potrebbe risultare diverso di volta in volta, non solo in base alla diversa quantità di zucchero residuo, ma anche in funzione del rapporto che gli zuccheri hanno con gli altri elementi. A seguito del diverso grado di percezione avremo almeno 5 diverse definizioni, e cioè: secco, abboccato, amabile, dolce e stucchevole.

I termini della dolcezza nell'analisi gustativa del vino.

Secco.

Si dice di un vino in cui non percepiamo nessuna sensazione di dolcezza e piuttosto avvertiamo una buona sensazione di durezza.

Abboccato.

È detto un vino in cui percepiamo una leggera sensazione di dolcezza e una discreta sensazione di durezza.

Amabile.

Diciamo così ad un vino in cui percepiamo una modesta presenza di zuccheri con moderata sensazione di durezza.

Dolce.

Definiamo in questo modo un vino in cui percepiamo una chiara e netta sensazione di dolcezza comunque sostenuta da una equilibrata spalla acida.

Stucchevole.

Si dice di un vino in cui percepiamo una forte sensazione di dolcezza. Questo aggettivo è utilizzato per penalizzare e bocciare il vino. Purtroppo la sensazione percepita, predomina eccessivamente sulle altre componenti.

L' alcol etilico.

La presenza degli alcoli è generalmente compresa tra il 7% e il 18% facendo riferimento a casi positivi e non negativi. La fermentazione alcolica produce diversi alcoli. Giusto per citarne alcuni, parliamo di: etilico, metilico, propilico ed altri ancora. Ma l’alcol più importante è l’alcol etilico e infatti la percentuale volumetrica riportata in etichetta, è espressa in relazione proprio a questo alcol. La componente alcolica conferisce al vino morbidezza e arrotonda le componenti di durezza e di astringenza causate dai tannini. Ma bilancia anche la freschezza data dall’acidità. Come ho già detto precedentemente, gli alcoli, determinano causticità e sensazione di pseudo-calore. Quando eseguiamo l’analisi gustativa del vino, valutiamo la presenza di alcol in base alla sensazione percepita e non in base al valore riportato in etichetta. A secondo della sensazione di pseudo-calore e di morbidezza percepite usiamo 5 diverse terminologie, e cioè: leggero, poco caldo, abbastanza caldo, caldo e alcolico.

I termini della sensazione pseudo-calorica nell'analisi gustativa del vino.

Leggero.

È definito leggero un vino in cui non si percepisce nessuna sensazione pseudo-calorica. Questa non è necessariamente una situazione negativa. Infatti alcune tipologie di vino, come il Moscato d’Asti e il Brachetto d’Acqui, prevedono una leggera componente alcolica che va dal 5% al 7%. Al contrario, è una situazione negativa nei vini che non rientrano in queste tipologie.

Poco caldo.

È un vino che presenta una scarsa percezione di alcol. Allo stesso tempo è un vino in cui prevale la sensazione fresco-tannica.

Abbastanza caldo.

Questo termine è usato per indicare una sufficiente percezione nell’alcol che si trova in perfetto equilibrio con le altre componenti.

Caldo.

Definiamo un vino con questo aggettivo quando percepiamo una decisa presenza dell’alcool. Generalmente sono vieni ben strutturati.

Alcolico.

Si tratta di un vino in cui si percepisce una forte e predominante sensazione alcolica. Se questa risulta in equilibrio con le altre componenti allora è una situazione positiva, come nel caso dei vini fortificati e dei vini liquorosi. Al contrario, è una situazione negativa se questa non risulta in equilibrio con le altre sostanze.

L'alcol glicerolo.

Il glicerolo, conosciuto anche con il nome di glicerina, è un liquido viscoso dal gusto dolciastro che contribuisce al sapore di morbidezza, di rotondità e di pastosità. La morbidezza è un aspetto gustativo fondamentale perché è una sensazione piacevolmente gradevole. Essa contrasta le sostanze dal sapore duro e aspro come quella data dagli acidi, dai tannini e dai sali minerali. Durante la fermentazione alcolica, oltre alla formazione dell’alcol etilico si forma anche il glicerolo. I fattori che ne determinano la presenza sono l’utilizzo di uve raccolte tardivamente, di uve botritizzate o da mosti ricchi di zucchero. Potrebbe essere proprio il glicerolo a formare nelle pareti del bicchiere numerose lacrime con archetti stretti!! Ad ogni modo, le sostanze responsabili della sensazione di morbidezza sono una sinergia tra la glicerina, tra l’etilico e tra il residuo zuccherino. La morbidezza può essere definita come la sensazione di un pezzetto di burro che si scioglie in bocca.

I termini della morbidezza nell'analisi gustativa del vino.

Spigoloso.

È chiamato spigoloso un vino in cui non si percepisce nessuna morbidezza e di conseguenza risalta la durezza che lo rende, appunto, spigoloso. È un termine negativo che boccia il vino. 

Poco morbido.

È detto poco morbido un vino in cui si avverte una scarsa sensazione di morbidezza. Normalmente sono vini immaturi che magari aspettano di essere messi in commercio. Quindi anche questo è un termine negativo che boccia il vino.

Abbastanza morbido.

Con questo termine definiamo un vino in cui percepiamo una sufficiente e piacevole sensazione di morbidezza. Normalmente si tratta di vini giovani, pronti per essere degustati.

Morbido.

È il termine che usiamo quando percepiamo una decisa sensazione di morbidezza, causata da una buona concentrazione di alcol e da un moderato residuo zuccherino.

Pastoso.

Utilizziamo questo termine quando percepiamo una predominante sensazione di morbidezza. In questo caso le quantità di alcool e di residuo zuccherino sono elevate.

Gli acidi.

L’acidità del vino rappresenta una fondamentale componente del sapore in quanto dona la sensazione dura e aspra, avvertibile nella zona laterale della lingua causando anche una leggera salivazione. Nel vino ne possiamo riscontrare di diverse tipologie, come ad esempio gli acidi organici pre-fermentativi, acidi organici post-fermentativi e acidi inorganici post-fermentativi. La sensazione acida, detta anche di pseudo-freschezza, è dettata essenzialmente da tre parametri. Il primo riguarda la tipologia degli acidi. Il secondo fa riferimento all’acidità reale o forza acida e quindi al PH. Ed infine il terzo ed ultimo parametro che riguarda la forza di penetrazione, ovvero la capacità imprimente di ogni singolo acido.

La tipologia degli acidi.

L’acidità totale di un vino è sempre data da una miscela di acidi organici fissi e acidi volatili, come ad esempio il tartarico, il malico, il citrico, il lattico, il succinico e l’acetico. Ognuno di questi acidi ha un proprio gusto e in funzione della loro proporzione, influenzeranno il vino in modo significativo. Ritengo quindi opportuno analizzarli uno per uno per poterli distinguere durante le degustazioni.

L'acido tartarico.

L’acido tartarico è tipico dell’uva, per questo definito pre-fermentativo che vuol dire prima della fermentazione. È conosciuto anche come spalla dell’acidità perché è quello sempre presente. Inoltre il suo sapore è duro e aspro e la sua concentrazione si aggira tra i 2 grammi e i 5 grammi per litro.

L'acido malico.

L’acido malico è localizzato nei grappoli d’uva poco maturi ed è per questo che ha un sapore acerbo e verde. È da considerare che la sua presenza può arrivare ai 5 grammi per litro.

L'acido citrico.

L’acido citrico ha un sapore pungente e citrino, che ricorda l’acidità del limone e del lime. È presente in quantità minore rispetto all’acido tartarico cioè può arrivare a meno di 1 grammo per litro. Può essere integrato subito dopo la fermentazione alcolica in piccole quantità, per sostenere l’acidità totale.

L'acido lattico.

L’acido lattico è chiamato anche “acido dolce” perché ha un sapore più piacevole, infatti è un po’ più “rotondo e morbido” rispetto agli altri acidi. La sua presenza può variare tra 1 grammo e 3 grammi per litro. Inoltre, deriva dalla fermentazione malo-lattica dove una molecola di acido malico è trasformata in una di acido lattico. Questo evento fermentativo avviene dopo la fermentazione alcolica, in prossimità del rialzo termico primaverile a causa dei batteri lattici. Ma questi batteri oltre a trasformare le molecole producono anche anidrite carbonica. Per questo motivo delle volte ci troviamo difronte a un vino giovane che dovrebbe essere fermo ma ha un leggerissimo pizzicore. Il che ci potrebbe rendere perplessi perché non appartenente alla categoria degli spumanti.

L'acido succinico.

L’acido succinico è formato durante la fermentazione alcolica per demolizione degli aminoacidi. Normalmente la sua presenza non supera 1 grammo e mezzo per litro. Il succinico procura un sapore amaro e sapido.

L'acido acetico.

L’acido acetico è un acido post-fermentativo e generalmente se ne forma una quantità molto ridotta che non supera il mezzo grammo per litro. In questo caso dona una sensazione gusto-olfattiva piacevolmente pungente. Diversamente se supera la soglia del mezzo grammo per litro, allora, parliamo di vini spunti o acescenti.

Il PH.

La sigla PH vuol dire Potenziale d’Idrogeno, dove P è presa da Potenziale ed H dal latino hydrogénium. Può essere considerato come l’unità di misura dell’acidità con la quale si determina la basicità o acidità di una sostanza. Infatti il PH è definito acido quando il suo valore è compreso tra 0 e 6,99. Dopodiché è definito neutro quando il suo valore è 7 ed infine è definito basico quando il suo valore oscilla tra 7,1 e 14. Però tutti gli acidi hanno una propria struttura idrogenionica, e gli ioni di cui sono composti hanno la proprietà di dissociarsi dal legame con altre sostanze in soluzione acquosa. Quindi in base alla proprietà dissociativa, ogni singolo acido può essere definito debole o forte. È quindi chiaro che alcuni acidi inorganici hanno una forte tendenza a dissociarsi, come l’acido cloridrico e l’acido solforico. Essi sono così estremamente acidi da bucare un tessuto!!. Diversamente altri acidi organici hanno una debole tendenza a dissociarsi, e per fortuna sono quelli che si trovano nel vino.

La forza di penetrazione.

La forza di penetrazione chiamata anche acidità reale è quel lato del PH che ci interessa conoscere dal punto di vista dell’esame organolettico del vino. Il vino è una soluzione a PH acido basso compreso tra 2,5 e 3,7. Prendiamo anche in esempio il latte e l’acqua che hanno un PH che si aggira intorno a 7 e quindi hanno un PH neutro. Pertanto possiamo dire che se in una soluzione il PH sarà basso, sarà anche elevata la concentrazione idrogenionica, e di conseguenza maggiormente elevata sarà la sua forza acida. La forza di penetrazione acida può essere definita come la forza impattante e penetrante che ogni acido ha nei confronti delle papille gustative. Ad esempio l’acido acetico è quello che possiede la maggiore forza imprimente tra gli acidi del vino. Più semplicemente possiamo dire che la sensazione di pseudo-freschezza è data dalla forza imprimente della tipologia di acidi.

I termini dell'acidità nell'analisi gustativa del vino.

Piatto.

Si dice piatto di un vino quando la carenza di acidità non lascia in bocca nessuna sensazione di freschezza. Normalmente si tratta di vini affetti da patologie o di vini molto vecchi. È una situazione negativa e con questo termine penalizziamo e bocciamo il vino.

Poco fresco.

Diciamo poco fresco quando percepiamo una scarsa sensazione di freschezza che procura una leggera salivazione. Normalmente si tratta di vini maturi che hanno raggiunto il loro potenziale d’invecchiamento e per la quale è presente una componente acida ormai appena avvertibile.

Abbastanza fresco.

È abbastanza fresco quando la sensazione di freschezza acida è sufficientemente percepita ed è accompagnata da una buona salivazione. È la prerogativa ottimale dei vini giovani rossi, bianchi e rosati con discreta evoluzione.

Fresco.

È detto fresco un vino che mostra una decisa acidità tramite un’abbondante salivazione. Questa invece rappresenta lo stato ottimale nei vini spumanti secchi in generale.

Acidulo.

Si dice acidulo ad un vino quando percepiamo una forte e predominante sensazione di acidità. Inoltre causa un abbondante e fluida salivazione e una leggera contrazione gengivale. In genere, si tratta di vini ottenuti da uve raccolte pre maturamente oppure da uve che posseggono una forte acidità, come il vitigno asprinio. D’altronde in alcuni casi è una situazione negativa.

I tannini.

I tannini si trovano nei vinaccioli e nella buccia dell’acino e appartengono al gruppo dei polifenoli . Il microclima, la tipologia del suolo, le caratteristiche del vitigno e le lavorazioni enologiche ne determinano la loro presenza. I tannini non solo influenzano il colore del vino ma anche quello del gusto in quanto sono responsabili del sapore e delle sensazioni tattili. Loro infatti conferiscono secchezza, rugosità, astringenza e una leggera sensazione amarognola. Queste sensazioni sono maggiormente rilevabili nei vini rossi mentre lo sono meno nei vini bianchi, tali da non essere presi in considerazione durante l’analisi dei stessi bianchi. Ma fanno eccezione quei vini bianchi, conosciuti anche come orange wine, prodotti con un contatto più lungo del chicco d’uva con il mosto.

Qual'è l’origine e la peculiarità dei tannini?

I tannini possono essere essenzialmente di due tipi: quelli normalmente contenuti negli acini, e quelli di apporto detti tannini gallici. Quindi sono ottenuti o dalle diverse tecniche di macerazione oppure dai contenitori in legno. Nel primo caso sono più duri ed astringenti. Al contrario, nel secondo caso hanno una certa vellutosità che li rendono qualitativamente migliori, tanto da essere conosciuti con il soprannome di “tannini nobili”. Ai fini gustativi la qualità dei tannini è di estrema importanza durante l’analisi gustativa del vino. Perché essi hanno la proprietà di polimerizzare, cioè, di unirsi e formare catene più lunghe. Dunque possiamo tranquillamente affermare che: più corte sono le catene più è astringente il sapore. Di conseguenza prevalgono le catene corte nei vini giovani e quelle lunghe nei vini più evoluti che hanno trascorso un periodo di maturazione in botte. D’altro canto è doveroso puntualizzare che i tannini polimerizzano anche in bottiglia, e non solo nei contenitori in legno.

I termini sui tannini nell'analisi gustativa del vino.

Molle.

Non è percepita nessuna sensazione tannica e allo stesso tempo risulta essere fiacco. È una situazione negativa dei vini arrivati al capolinea.

Poco tannico.

È percepita una leggera sensazione astringente e da un lato vede i vini poco strutturati ma dall’altro vede i vini invecchiati che contengono tannini nobili.

Abbastanza tannico.

È una sufficiente percezione e allo stesso tempo esprime una gradevole sensazione di astringenza. È la caratteristica ideale dei vini che posseggono una media struttura e che hanno attraversato un affinamento ordinario.

Tannico.

Utilizziamo questo termine quando abbiamo una netta sensazione di astringenza, secchezza o rugosità. Normalmente è la caratteristica principale dei vini ancora giovani o di quei vini che devono completare il periodo di affinamento.

Astringente.

Con questo termine indichiamo la percezione di una forte e predominante sensazione “allappante”. È una situazione negativa  ed il vino è bocciato o penalizzato.

I sali minerali.

La componente salina è dovuta principalmente a due fattori. Il primo fattore è quello dell’ambiente pedoclimatico riconducibile a zone calde, ma anche a suoli ricchi di minerali, oppure a zone vicine al mare. Il secondo fattore è da attribuire alla sfera enologica, e quindi alla salificazione degli acidi organici come il tartarico, il malico e il citrico. I sali minerali, o meglio le sostanze minerali, sono elementi responsabili delle micro-sensazioni che donano il sapore di sapidità. Le sostanze minerali hanno molti pregi!! Possono mitigare o rafforzare la tipica asprezza degli acidi, sono presenti tra le componenti che determinano la struttura del vino e concorrono nella determinazione dell’estratto secco ma anche delle ceneri.

La sensazione di sapidità viene solitamente poco considerata perché spesso mascherata dall’acidità, essendo quest’ultima più forte ed accentuata rispetto alla prima. Difatti hanno in comune quasi la stessa zona di recezione. La percezione della sapidità di un vino non è solamente data dalla reale presenza dei sali ma è anche dovuta dalla minore o maggiore forza acida.  

I termini della sapidità nell'analisi gustativa del vino.

Scìpido.

Diciamo scìpido ad un vino privo di qualunque sensazione sapida. Normalmente si tratta di uve scadenti, troppo lavorate in cantina, o di vini troppo vecchi. Pertanto è una situazione negativa.

Poco sapido.

È poco sapido quando in un vino percepiamo una scarsa sensazione salina. Generalmente si tratta di vini che possiedono una bassa percentuale di sostanze estrattive e la cui sapidità è mascherata dall’acidità.

Abbastanza sapido.

Si dice abbastanza sapido quando un vino presenta una piacevole ma altrettanto equilibrata sensazione fresco-sapida. È la situazione ideale dei vini con una equilibrata percentuale di minerali e di sostanze estrattive.

Sapido.

Definiamo sapido un vino che presenta una buona sapidità ma adeguata al resto della struttura. Normalmente si tratta di vini strutturati o di vini prodotti in zone calde.

Salato.

Diciamo salato ad un vino in cui predomina la sensazione di sapidità. Le uve potrebbero derivare dalle zone molto vicino al mare o da zone aride. Negli altri casi è una situazione negativa.

Struttura generale o corpo.

La determinazione dell’estratto secco stabilisce la struttura attraverso l’analisi gustativa del vino. L’estratto secco è dato dagli zuccheri residui, dagli alcoli, dagli acidi, dai tannini e dei sali minerali. Queste sostanze costituiscono l’ossatura del vino. In altre parole, l’estratto può essere considerato come il vino privato dell’acqua, dell’alcol etilico e di tutte le sostanze volatili . Durante l’analisi gustativa del vino avremo diverse basi di partenza. Nei vini bianchi questo insieme di sostanze secche è di circa 20 g/l  invece dei vini rossi è di circa 30 g/l.

La struttura nell'analisi gustativa del vino.

Magro.

È quando percepiamo una anomalia strutturale a causa di un bassissimo quantitativo di sostanze estratte. È una situazione penalizzante e negativa.

Debole.

Si tratta di un vino in cui percepiamo uno scarso quantitativo di sostanza . In genere sono vini molto semplici ricavati da un’altissima resa.

Di corpo.

Questo termine è usato per descrivere la percezione di un equilibrato quantitativo di estratto secco in sintonia con la tipologia di vino. Generalmente si tratta di vini ottenuti da una resa per ettaro adeguata in relazione ad un periodo di vendemmia ottimale.

Pesante.

Utilizziamo questo termine per descrivere la netta percezione di un quantitativo considerevole di sostanze estrattive. Solitamente si tratta di vini ottenuti da uve appassite o dei vini ottenuti da bassissime rese. In alcuni casi anche le tecniche enologiche possono influire come ad esempio la tecnica del ripasso.

Robusto.

È usato per indicare la percezione di un’ eccessiva e sproporzionata struttura che causa stanchezza gustativa.

L'equilibrio del gusto.

Le componenti responsabili dell’equilibrio, nell’analisi gustativa del vino, sono la morbidezza e la durezza. La prima è rappresentata da zuccheri e dagli alcoli mentre la seconda è rappresentata da acidi, tannini e sali minerali. Rappresentiamo l’idea dell’equilibrio del gusto utilizzando,  anche qui in senso figurativo, i due piatti della bilancia. Dobbiamo sempre tenere presente la tipologia di vino di cui effettuiamo l’analisi gustativa. Nella vita reale, i due piatti della bilancia sono in un equilibrio perfetto quando sono paralleli tra di loro. Questo concetto non è applicabile all’equilibrio tra la morbidezza e la durezza. Infatti ci sono molte tipologie di vino che possiedono un profilo proprio e ben caratterizzante. Prendiamo come esempio un vino spumante metodo classico e un vino passito. La vendemmia del primo è anticipata per cui prevarranno le durezze. Invece nel secondo esempio la vendemmia è posticipata per cui prevarranno le sensazioni di morbidezza.

Bicuspidi e tricuspidi nell'analisi gustativa del vino.

Appartengono alla prima categoria i vini a due punte detti anche bidimensionali o bicuspidi. Questo perché durante l’analisi gustativa possono essere presi in considerazione solo la morbidezza dell’alcool e la durezza acido-sapida. Fanno parte di questa categoria i vini bianchi. I vini a tre punte  sono detti anche tridimensionali o tricuspidi. Questo perché durante l’analisi gustativa possono essere presi in considerazione solo tre componenti. Questi sono la morbidezza alcolica glicerica, la componente dura acido sapida e infine la durezza tannica. Fanno parte di questa categoria i vini rossi.

Capire la zona di equilibrio con l'analisi gustativa del vino.

Abbiamo già detto che durante la valutazione dell’equilibrio con l’analisi gustativa dobbiamo tenere presente la tipologia di vino sotto esame. Nei vini bianchi e rossi giovani è accettabile una leggera predominanza della durezza sulla morbidezza purché sia gradevole. Al contrario nei vini bianchi e rossi maturi accettiamo una leggera predominanza della morbidezza sulla durezza purché anche essa sia gradevole. Un ultimo esempio lo faccio sui vini passiti. In queste tipologie prevale la morbidezza ma questo vuol anche dire che la durezza deve essere in grado di equilibrare la grande presenza della morbidezza. In conclusione la definizione di vino equilibrato è applicabile prendendo in considerazione la tipologia di vino e il compito della parte predominante.  

Capire il ruolo dell’equilibrio nell’evoluzione.

Comprendere la tipologia del vino, la sua evoluzione e la qualità che esso possiede è sempre l’obiettivo primario. L’equilibrio di un vino è legato in modo particolare allo stadio dell’evoluzione dello stesso. Faccio ancora degli esempi per capire meglio. Useremo il termine di abbastanza equilibrato quando percepiamo una discreta predominanza di una caratteristica sull’altra. Infatti il termine vale sia se siamo di fronte ad un vino giovane ma vale anche se siamo di fronte a un vino già evoluto. Nel primo caso il vino giovane ha ancora di fronte a sé un lungo percorso evolutivo. Perché prevale la durezza.  Nel secondo caso il vino maturo ha finito di percorrere la strada dell’evoluzione. E come tale prevale la morbidezza. In sostanza l’attribuzione del concetto di abbastanza equilibrato non è sufficiente da solo a specificare la qualità di un vino.

L'equilibrio nell' analisi gustativa del vino .

Poco equilibrato.

Utilizziamo questo concetto quando riscontriamo una decisa prevalenza di una caratteristica sull’altra. Potrebbe trattarsi di vini non ancora pronti per essere messi in commercio e ad ogni modo è una situazione inaccettabile e negativa.

Abbastanza equilibrato.

È quando riscontriamo una discreta prevalenza di una caratteristica sull’altra. È il caso dei vini giovani ma anche di quei vini maturi.  Qui bisogna fare molta attenzione alla tipologia di vino che abbiamo sotto esame.

Equilibrato.

Definiamo equilibrato un vino in cui percepiamo un’adeguata e piacevole proporzione tra le caratteristiche, ovviamente in relazione alla tipologia di vino sotto osservazione.

L'intensità del gusto.

L’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e aromatiche esercitano una minore o una maggiore intensità gustativa durante l’impatto sulla mucosa orale. Può essere considerata come un aspetto gustativo verticale corrispondente alla somma di tutte le sensazioni percepita contemporaneamente. Per questo è importante avvinare la bocca prima nell’analisi gustativa del vino, per il semplice motivo che bisogna risvegliare le papille e i recettori. Infatti, la sensazione dell’intensità nel primissimo impatto, del vino all’interno della bocca, è sempre più incisiva.

L' intensità nell'analisi gustativa del vino.

Carente.

È detto così un vino in cui si avverte un impatto molto scarso, quasi nullo, e solitamente si tratta di una anomalia, quindi è una situazione negativa.

Poco intenso.

È un termine che usiamo per descrivere un vino che esercita uno scarso impatto. In genere si tratta di vini semplici con una leggera struttura.

Abbastanza intenso.

Si dice di un vino in cui percepiamo sensazioni gustative di adeguata proporzione. Si tratta di vini di media struttura e discreta complessità.

Intenso.

Utilizziamo questo aggettivo per indicare una decisa percezione dell’insieme delle sostanze saporifere, tattili e aromatiche. Sono vini che possiedono una buona struttura e una buona complessità.

Molto intenso.

Con questo termine indichiamo un vino in cui percepiamo profonde ed intense sensazioni gustative e aromatiche. Vitigni a bacca aromatica appassiti possono regalare queste emozioni.

La persistenza del gusto.

La totalità delle percezioni saporifere, tattili e aromatiche esercitano una minore una maggiore persistenza gustativa durante la permanenza all’interno della bocca. Può essere valutata come un aspetto gustativo orizzontale corrispondente alla somma di tutte le sensazioni che permangono nel tempo. Infatti la persistenza viene valutata in secondi a partire dall’espirazione dopo la deglutizione. Ma la permanenza del gusto dell’aroma, proprio del vino, detta anche persistenza aromatica intensa (P.A.I.), è la  valutazione più importante.

Come intendere le differenti persistenze nell'analisi gustativa del vino..

Per illustrare la persistenza gustativa faccio alcuni semplici esempi. Poniamo il caso che durante l’assaggio di un vino questo risulti intenso. Sappiamo che l’intensità gustativa ci permette di valutare l’impatto complessivo iniziale. Però la permanenza dell’aroma del vino svanisce quasi subito mentre rimane il ricordo di una delle quattro sensazioni saporifere e/o tattili. Quindi diremo che l’aroma è poco persistente, mentre le sensazioni complessive sono persistenti. Adesso poniamo il caso di una situazione inversa. Dopo l’espirazione ci rimane in bocca una lunga scia finale. Questa è composta principalmente da un insieme di aromi che, perdipiù, abbiamo riscontrato durante l’analisi olfattiva. Allo stesso tempo è composta anche da sensazioni saporifere e tattili. Siamo di fronte a un vino ricco di gusto. In conclusione la qualità è legata, in primo luogo, alla continuità dell’aroma in bocca. E in secondo luogo è collegata alla piacevole permanenza nelle sensazioni saporifere e tattili.

La persistenza del gusto nell'analisi gustativa del vino.

In base ai tempi di permanenza dell’aroma in bocca possiamo utilizzare cinque termini diversi. Inoltre, ne approfitto per ricordare che per una giusta valutazione della persistenza dobbiamo espirare dal naso. È per questo motivo che questa sensazione viene chiamata anche persistenza gusto-olfattiva o sensazione retronasale.

Corto.

La permanenza dell’aroma non è superiore a 3 secondi.

Poco persistente.

È quando avvertiamo una persistenza aromatica compresa tra 3 e 5 secondi.

Abbastanza persistente.

Usiamo questo termine per definire una persistenza aromatica compresa tra 5 e 8 secondi.

Persistente.

Utilizziamo questo aggettivo per indicare una persistenza aromatica tra 8 e 12 secondi.

Molto persistente.

In questo caso riscontriamo una persistenza aromatica oltre i 12 secondi.

La qualità del gusto.

La qualità del gusto è rappresentata dalla sintesi dell’intensità e della persistenza. Inoltre, tale sintesi mette in rilievo l’aspetto soggettivo del giudizio del degustatore. Esso si deve basare sulla propria esperienza e conoscenza per valutare la maggiore o minore qualità del gusto. Allo stesso tempo tiene presente, durante la valutazione, la franchezza, la finezza, la gradevolezza e la ricchezza del sapore. E in ultimo ma non meno importante, deve considerare l’importanza dell’aroma in bocca e delle sensazioni finali.

L’ aroma in bocca nell' analisi gustativa del vino.

Definita anche sensibilità retronasale gusto-olfattiva viene percepita attraverso l’espirazione. Essa ci permette di completare il giudizio relativo all’intensità e soprattutto alla persistenza, nonché  all’effettivo equilibrio e alla finezza del gusto.

Le sensazioni finali nell' analisi gustativa del vino.

Sono le sensazioni, saporifere e tattili permanenti che continuano ad essere percepite per un certo periodo di tempo, dopo aver espulso o deglutito il vino. È importante la valutazione finale del gusto legata, ad esempio, ad una sensazione piacevolmente fresca e citrina di un vino bianco giovane. Oppure la valutazione finale di un vino rosso legata ad una sensazione piacevolmente asciutta e amarognola con chiusura pulita.

La qualità nell' analisi gustativa del vino.

Comune.

Serve a descrivere un gusto finale sgradevole. È una situazione inaccettabile e con questo termine bocciamo o penalizziamo il vino.

Poco fine.

Utilizziamo  questo termine quando nel gusto finale avvertiamo lievi imperfezioni, aromi poco gradevoli. È una condizione negativa per cui penalizziamo il vino.

Abbastanza fine.

Si dice di un vino che presenta gusto finale piacevole che rappresenta la condizione ideale.

Fine.

Definiamo  fine un vino dal gusto finale elegante che sfiora l’emozione.

Eccellente.

L’eccellenza è rappresentata dalla capacità che hanno l’insieme delle sensazioni di emozionare il degustatore. Si tratta di un vino di altissima qualità e pregio con gusto ricco di personalità, classe e complessità.

Autore

Non hai trovato quello che cercavi ?

Cerca ancora