Whisky & Whiskey

Capire il terroir.

Parlare di “terroir” può risultare inizialmente complesso perché gli ingredienti utilizzati (cereali, acqua e lievito) spesso non sono riconducibili a una specifica area geografica. Per esempio, la quantità d’orzo locale in molti casi non copre la continua grande richiesta e quindi viene affiancata nel suo utilizzo dall’orzo d’importazione. Anche l’acqua, il cui ruolo è certamente fondamentale come forse in nessun’altra produzione di distillati, può essere facilmente modificabile nelle sue caratteristiche minerali e di pH.

Il terzo ingrediente principale, la composizione dei lieviti, è una sorta di ricetta “segreta” che varia in ogni distilleria e non è etichettabile per zona. Fattori utili a suddividere le regioni produttive vanno ricercati altrove: dall’eventuale torba utilizzata, al clima e, non ultimo e meno importante lo stile di affinamento

Le regioni di produzione del whisky.

La classificazione storica, in voga fino a qualche anno fa, comprendeva tre macro-zone: Lowlands, Highlands e Campbeltown. La suddivisione moderna risulta più dettagliata e, mantenendo le tre regioni esistenti, aggiunge tre ulteriori tipicità all’interno delle Highlands. Esse sono le Islay, le Islands, le Speyside. Quindi ognuna di queste sei regioni racchiude caratteristiche simili che, partendo dalla metodologia produttiva e passando per le condizioni climatiche, si ritrovano nei sentori organolettici finali del whisky.

Lowlands.

La morfologia del territorio.

Rappresentano la fascia di territorio più a sud, che parte dal confine con l’Inghilterra e arriva a lambire l’immaginaria “Highland Line”. Comprendono Glasgow e la capitale Edimburgo, ovvero le due principali città industriali e per popolazione di tutta la Scozia. La regione delle Lowlands quindi è storicamente quella più accessibile, vista la presenza delle grandi pianure che hanno agevolato appunto l’industrializzazione e le infrastrutture.

La vicinanza alle terre inglesi creò però anche una maggior tassazione rispetto alle sperdute distillerie delle Highlands, provocando un aumento della produzione ma dalla minor qualità.

Il distillato veniva perciò spesso venduto per essere riconvertito in gin, creando concorrenza e l’inevitabile malcontento dei distillatori inglesi, che risposero imponendo la “Lowland Licence Act”. Questa legge, antica tre secoli, obbligava le distillerie di questa regione a dichiarare tutte le proprie esportazioni con un anno d’anticipo. Molte di esse chiusero i battenti e i risultati sono visibili ancora oggi, con meno di 20 distillerie attualmente attive. Una di esse, Auchentoshan, ha la particolarità di essere l’unica in Scozia a utilizzare completamente la tripla distillazione, tipica invece nella tradizione dei whiskey irlandesi.

Storiche distillerie di single malt tuttora attive sono Annandale, Bladnoch e Glenkinchie, mentre di più recente apertura vi sono invece Alisa Bay e Daftmill.

Tali single malt si esprimono solitamente per la loro leggerezza e delicatezza, chiari, con note floreali e di erbe aromatiche. Corpo e struttura del distillato quindi  non risultano potenti, bensì accessibili anche al palato del consumatore che si avvicina per la prima volta a questo nobile prodotto.

Le Lowlands rappresentano anche il serbatoio scozzese di grain whisky, imbottigliato come tale oppure destinato a creare le miscele dei più famosi marchi di blended.

Le distillerie più antiche di questa categoria sono Cameronbridge, North British, Strathclyde. Più recente è Girvan, comunque conosciuta per produrre il rinomato Hendrick’s gin con la sua specifica infusione a freddo di petali di rosa e cetriolo.