Vini valdostani
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Storia dei vini valdostani.
I vini valdostani nell’età del bronzo.
Probabili semi di vite risalenti all’età del bronzo sono stati ritrovati, nell’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans nei pressi di Aosta. (Un megalito è una grande pietra oppure un insieme di grandi pietre utilizzate per costruire una struttura o un monumento. Ne troviamo tante nel Lazio e nella Sardegna). Comunque, gli studi paleobotanici su questi semi sono ancora in corso per poterne stabilire con maggiore certezza l’età. Le strutture in pietra furono create dal popolo degli Aminei. Questi erano originari della Tessaglia e diffusero la vite “aminea” dell’Italia meridionale. Molto probabilmente furono loro a creare i primi vini valdostani.
I vini valdostani nell'età del ferro.
Con l’inizio della successiva età del ferro, dopo l’ottavo secolo a.C., le popolazioni celtiche cominciarono ad infiltrarsi nell’Italia settentrionale. Essi si fusero con le popolazioni locali e trasmisero tecniche e conoscenze vitivinicole. Tra queste ricordiamo l’uso della botte di legno. Anche termini della lingua celtica usati nei dialetti locali, sono prove del loro passaggio. Sta di fatto che i vini valdostani, da qui in poi prodotti, ebbero una qualità migliore.
I primi vini valdostani di alta quota.
I Salassi, popolo di origine celtica, furono i primi ad antropizzare l’area del Canavese e della valle della Dora Baltea. Jean Baptiste de Tillier, funzionario politico del Settecento del Ducato di Aosta, rappresenta la maggiore figura della storiografia valdostana. Egli affermava che questo popolo discendeva dal mitico Ercole. Essi vivevano nelle sommità dei monti, di difficile accesso, dove i passaggi erano stretti e difficili. A queste altezze piantarono viti e produssero vini valdostani di alta quota. Possedevano miniere, dove estraevano l’oro ma vivevano anche di agricoltura. Infatti pare che scoprirono, per caso, la tecnica del sovescio. Inoltre utilizzarono strumenti di aratura, come l’aratro, per lavorare i terreni del fondovalle.
I Romani conquistarono la valle.
A quei tempi i Romani avevano conquistato la maggior parte della Pianura Padana ma non si erano preoccupati delle zone alpine. Questo perché non vi erano rapporti commerciali con quelle popolazioni. Inoltre non sapevano delle risorse naturali e minerarie che possedevano. Quindi, i Romani ebbero il pretesto per attaccare i Salassi e conquistare la loro regione. Nel primo scontro, del 143 a.C., il Console Romano Appio Claudio Pulcro venne sconfitto perdendo circa 10.000 soldati. Però la guerra proseguì tanto che i Romani nel 100 a.C. costruirono Eporedia. La città fortificata costruita per vincere i Salassi oggi prende il nome di Ivrea. Le ultime resistenze cessarono il 25 a.C. con la fondazione di Augusta Praetoria, l’attuale Aosta. I prigionieri furono 36.000 e furono venduti al mercato. A questo punto la produzione di vini valdostani fu influenzata dalle conoscenze che i Romani avevano appreso dai Greci e dagli Etruschi.
I vini valdostani nel Medioevo.
Sono stati trovati dei reperti di un impianto di una vigna databile tra il 300 e il 450 d.C. al centro della Valle d’Aosta. Il primo documento che parla di vigne è del 515. Si tratta di un accordo che il re burgundo Sigismondo fece con l’Abbazia di San Maurizio nel Vallese. Mentre, un atto di donazione del 1032 d.C. è la più antica testimonianza scritta che dimostri la presenza della viticoltura in Valle d’Aosta. C’era una regola nel Medioevo per produrre vini valdostani. Cioè il proprietario terriero doveva dare all’affittuario due parti di bosco. Una doveva essere coltivata a vigna entro 5 anni. Mentre l’altra parte doveva rimanere a bosco in modo da poter fornire i pali per sostenere le vigne.
Pedoclima dei vini valdostani.
Morfologia del territorio dei vini valdostani.
La regione della Valle d’Aosta si trova in mezzo alle Alpi Graie e alle Alpi Pennine. Difatti è circondata dai quattro massicci montuosi più alti d’Italia. Questi sono il Monte Bianco, il Cervino, il Monte Rosa e il Gran Paradiso. Inoltre confina a nord con la Svizzera, ad ovest con la Francia e a sud-est ha il Piemonte. Il territorio di produzione dei vini valdostani è attraversato dalla Dora Baltea che segna la valle principale. La formazione di questo canalone è frutto dell’opera delle glaciazioni dell’era quaternaria. Quindi, i terreni sono sabbiosi e ciottolosi nel fondovalle mentre, più in alto, troviamo alte pareti rocciose e scoscese. Tra l’ altro distinguiamo tre zone di corrugamento. La prima è quella esterna che comprende il Monte Bianco. La seconda è quella interna corrispondente al Monte Rosa e al Gran Paradiso. Mentre la terza colma la sinclinale tra le due zone.
Il clima del territorio dei vini valdostani.
L’area regionale presenta microclimi molto differenti tra loro a causa della geografia sopra descritta. Infatti le temperature variano in base all’altitudine. In alta quota c’è un clima alpino per cui le estati sono brevi e gli inverni sono lunghi e freddi. Diversamente nel fondovalle dove si riscontra clima continentale. Le precipitazioni risultano scarse rispetto alle altre regioni alpine a causa dei venti d’Occidente. Proprio per questo motivo le valli, incastonate tra gli imponenti rilievi, risultano essere secche. Quindi i vini valdostani sono influenzati da forti escursioni termiche e sono differenti di zona in zona.
Le zone vitivinicole dei vini valdostani.
L’area geografica della D.O.C. della Valle d' Aosta.
Diciamo subito che l’unica D.O.C della regione è: Valle d’Aosta o Vallée d’ Aoste e nasce nel 1971. Mentre le altre sono sotto denominazioni e sono 31. La zona di produzione dei vini valdostani può essere suddivisa in alta valle, media valle e bassa valle. Nella prima troviamo le città di Morgex et la Salle. Nella seconda abbiamo le città di Arvier, Saint Pierre, Aymavilles, Aosta, Nus, Chambave e Saint Vincent. In fine, nella terza ci sono le città di Arnad-Montjovet e Donnas.
Il vino valdostano di Morgex e de La Salle.
La zona di coltivazione si estende tra i comuni di Morgex e de La Salle, sulla sinistra orografica della Dora Baltea. Siamo nell’ultimo tratto della Valle d’Aosta, dove si trova la bellissima Valdigne. I vigneti di questa area sono tra i più alti d’Europa perché collocati ai piedi dell’ imponente Massiccio del Monte Bianco. Infatti possono raggiungere la quota di 1200 metri s.l.m. Inoltre viene prodotto esclusivamente con il vitigno prié blanc che deve compiere il suo ciclo vegetativo in un lasso di tempo piuttosto breve. Effettivamente inizia il germogliamento più tardi arrivando a maturazione prima degli altri. Inoltre viene allevato a pergola bassa per evitare il più possibile l’esposizione al gelo. Le notevoli escursioni termiche permettono di far sviluppare a questo vino valdostano un bagaglio aromatico ampio e complesso. Di conseguenza è possibile trovare un interessante spumante metodo classico oltre al bianco fermo.
Il vino valdostano della zona d’Arvier.
La zona di produzione ricade sullo stesso comune e sulla località di Avise. I vigneti sono collocati in una sorta di pareti rocciose a forma di anfiteatro che hanno una pendenza di 20 gradi. Questa conformazione naturale causa un forte irraggiamento solare da cui deriva l’appellativo di “inferno”. Una leggenda narra che due viandanti chiesero di incontrare il parroco del posto. Ma la domestica rispose “il soufre à l’enfer”. Da qui pare nasca l’origine del nome anche se la domestica intendeva dire che il parroco era in vigna a lavorare. L’area di coltivazione è situata sulla sinistra orografica del fiume principale con esposizione a sud. Inoltre, i vigneti possono raggiungere la quota di 800 m s.l.m. Questo vino valdostano è prodotto con il minimo di 85% di petit rouge. La parte restante può essere rappresentata da: vien de nus, neyret, dolcetto, pinot nero, e gamay.
Il vino valdostano prodotto nella zona d' Aosta.
La zona di produzione si chiama Torrette e si estende su 11 comuni, sulla sinistra e sulla destra del fiume valdostano ed è la più estesa della regione. L’ area della D.O.C. si trova ad ovest del capoluogo d’Aosta. Pare che il nome è stato originato da un antico termine, appunto “torrette”, con il quale si designavano le aree più vocate alla vinificazione. Questo vino valdostano può essere prodotto con minimo il 70% di petit rouge. Nel restante è possibile trovare altri vitigni tra cui: pinot noir, gamay, fumin, vien de Nus, dolcetto, mayolet, cornalin e prié rouge.
Il vino valdostano della zona di Nus.
La zona di produzione si trova ad est d’Aosta e comprende i comuni di Fénis, Nus, Quart e Saint Christophe. Questa è un’area più pianeggiante ed è posta al centro della valle. Inoltre è possibile trovare due sottodenominazioni. Una è quella del Nus Rouge. Ovvero un vino valdostano rosso prodotto con minimo il 40% del vitigno vien de Nus e minimo il 30% di petit rouge. L’altra è quella del Nus Malvoisie (bianco) che possiamo trovare sia nella versione secca che nella versione flétri, cioè dolce.
Il vino valdostano della zona di Chambave.
Il territorio di produzione parte da Chambave, Verrayes, Saint Denis e Pontey per proseguire verso Chatillon. Qui si congiunge, lateralmente alla Valle d’ Aosta, la valle Valtournenche. Andando avanti, dopo Saint Vincent, entriamo nella bassa valle per arrivare a Montjovet. Ecco che a causa della sua conformazione, questa potrebbe essere la zona più ventilata e “pianeggiante” della regione. Per cui possiamo trovare vini estremamente diversi, appartenenti alla stessa denominazione, per via delle differenze climatiche e territoriali. Qui si producono, come prima, due tipologie di vini valdostani. Siamo parlando della versione in rosso, prodotta con almeno il 70% di petit rouge e della versione in bianco. Quest’ultima è interamente costituita dal vitigno moscato bianco del posto.
Il vino valdostano della zona di Arnad-Montjovet.
Questa zona di produzione è padroneggiata dal vitigno nebbiolo. Infatti, il disciplinare di produzione ne prevede almeno il 70%. Mentre, la restante parte può essere rappresentata da vitigni quali: dolcetto, pinot nero, freisa, vien de Nus oppure nei neyret. È una zona dove la bassa valle comincia ad allargarsi formando una piccola pianura. Appunto per questo motivo, presenta più colline, rispetto alle zone descritte prima. Questo vino valdostano non teme il confronto con altre zone simili rinomate.
Il vino valdostano della zona di Donnas.
All’entrata del comune si può godere di un’incantevole vista di terrazzamenti coltivati a vite. La zona di produzione comprende i comuni di Bard, Donnas, Perloz e Pont Saint Martin. Questa denominazione è riservata al vino valdostano rosso ottenuto con almeno il 85% di nebbiolo, qui chiamato anche “picotendro”. La percentuale restante può essere rappresentata dal vitigno freisa e/o da neyret. Inoltre, c’è da dire che è stata la prima denominazione, nel 1971, della Valle d’Aosta.
Vitigni valdostani e allevamento della vite.
I sistemi di allevamento per produrre vini valdostani.
La vite viene coltivata lungo la valle della Dora Baltea sia nel versante sinistro che in quello destro, lungo il fiume. La forte pendenza ha fatto sviluppare un tipo di allevamento a terrazzamenti. Quella più diffusa è la pergola bassa con impalcatura in legno. Anche le pergole tradizionali sono presenti e sono collocate in zone rocciose. Oltre a queste troviamo sistemi di allevamento a filari bassi del tipo guyot e l’alberello per il moscato. La produzione dei vini valdostani è costituita per il 15% da vitigni bianchi e per l’ 85% da quelli rossi. Inoltre bisogna dire che la resa è piuttosto bassa e si aggira intorno alle 6 t/ha. Come abbiamo detto in precedenza vi sono tre aree geografiche diverse. Nella prima, cioè in alta valle, primeggia la produzione di priè blanc. In quella centrale primeggia la produzione di petit rouge. Mentre nella zona bassa troviamo il vitigno nebbiolo.
Le menzioni in etichetta dei vini valdostani.
La D.O.C dei vini valdostani può essere accompagnata dal nome del vitigno. Quelli bianchi sono: Priè Blanc, Petit Arvine, Chardonnay, Gewürztraminer, Malvoisie, Muller Thurgau, Muscat Petit Grain, Pinot Gris. Mentre i vini rossi possono riportare: Petit Rouge, Prëmetta o Prié rouge, Picotendro o Nebbiolo, Pinot Noir, Gamay, Syrah, Fumin, Cornalin, Mayolet e Vuillermin. D’altro canto può anche riportare una menzione geografica. Queste sono: Donnas; Arnad-Montjovet; Chambave; Chambave Muscat; Nus; Nus Malvoisie; Torrette; Enfer d’Arvier; Blanc de Morgex et de La Salle. Infine, possiamo anche trovare sia l’indicazione del colore bianco, rosso o rosato, sia la dicitura passito o flétri.
La gastronomia valdostana.
La cucina della Regione è tipica delle zone di montagna. Essa ha uno stile franco provenzale e tedesco. La coltura principale della regione è la patata, seguita dalla segale. Ma ancora più importante è l’allevamento bovino con mucche da latte. Regina di questa produzione è la fontina, ottenuta da latte vaccino intero, dal sapore e dal profumo inconfondibile. Questo perché i pascoli, nei periodi più caldi, sono costituiti da erbe aromatiche. Mentre in inverno si utilizza fieno d’alpeggio. L’abbinamento con i vini valdostani varia a secondo delle portate.
I piatti valdostani famosi.
Troviamo l’uso della fontina in una serie di piatti tipici. Ad esempio la zuppa della Valpelline e gli gnocchi alla fontina, patate e burro. Ci sono anche le crepes alla valdostana che sono cotte al forno e ripiene di fontina, burro e besciamella. Ma la ricetta più famosa è la fonduta valdostana. Questa è fatta con latte, burro, molta fontina, tuorli d’uovo e pane tostato. Possiamo azzardare abbinamenti con vini valdostani prodotti con uve a bacca aromatica come il Moscato Bianco secco.
I primi piatti valdostani.
Tra i più importanti troviamo la soupe grasse con la toma, la minestra alla valdostana con riso, rape e burro. Continuando, possiamo nominare la minestra di riso, latte e castagne e la soupe paysanne a base di segale, cipolle, burro e toma. Alcuni di questi piatti hanno una consistenza liquida per cui è meglio abbinare un vino valdostano abbastanza tannico. Un esempio potrebbe essere un vino rosso prodotto da uve fumin. Per altri piatti possiamo pensare a vini bianchi eleganti prodotti da vitigni autoctoni, come per esempio il petit arvine.
I secondi piatti valdostani.
Una specialità tipica regionale è la bistecca di manzo alla valdostana. Questa viene impanata e dorata nel burro fuso con uno strato di fontina ricoperta da prosciutto cotto. Presente è la selvaggina con il camoscio e la lepre in salmì ed anche gli insaccati come i boudin (salsicce). Non ci dimentichiamo dei salumi come la mocetta che è fatta dal muscolo o la coscia. Prodotti DOP, spesso usati come antipasti, sono il Lard d’Arnad ricavato dal dorso del maiale e il Jambon de Bosses. Quest’ultimo è il prosciutto crudo di montagna della Valle d’Aosta.
I prodotti caseari valdostani.
Sono 14 i formaggi più importanti della regione. Naturalmente al primo posto troviamo la fontina seguita dal Fromadzo, dal Brossa, dal Formaggio di Capra a pasta molle. Proseguendo, possiamo nominare il formaggio di Pecora o di Capra a pasta pressata. Oppure che dire del Reblec de Crama fresco e cremoso. Ancora possiamo andare avanti parlando di ricotta fresca, di ricotta salata, del Salignoùn, del Seras e della Toma di Gressoney. Insomma chi più ne ha più ne metta. Per quanto riguarda gli abbinamenti ci basiamo sulla stagionatura del formaggio. A quelli freschi possiamo pensare di abbinare un vino valdostano bianco e giovane. Un esempio potrebbe essere un vino da un autoctono prié blanc. A quelli di media stagionatura possiamo abbinare un elegante vino da uve pinot nero. Mentre, a quelli stagionati abbiniamo rigorosamente un vino valdostano rosso riserva possibilmente assemblato con più vitigni.
I dessert valdostani.
Iniziamo dai biscotti rotondi a base di mandorle chiamati “le tegole”. Non meno famosi solo i torcetti di Saint-Vincent e i baci di Courmayeur simili i cuneesi al rum. Altri dolcetti sono il brochard, fatto con riso, latte e pane di segale. Ma abbiamo anche il blanc-manger a base di latte e vaniglia. Infine il fiandolein, uno zabaglione che prevede l’uso di tuorli d’uovo, zucchero, latte, rum e scorza di limone. Per quando riguarda l’abbinamento con i vini valdostani da dessert dobbiamo prima fare un chiarimento. Nelle etichette potremmo trovare il termine Flétri che ha uguale significato del termine passito. Esso è possibile che sia prodotto o da uve a bacca bianca o uve rosate, come ad esempio il pinot grigio. Dopo aver detto questo possiamo prendere in considerazione il vitigno valdostano bianco per eccellenza usato per produrre vini dolci. Stiamo parlando del muscat petit grain.