Il Vermouth

Cos’è il Vermouth.

La legge italiana definisce Vermouth, Vermout o Vermut il prodotto costituito da almeno il 75% di vino, dolcificato e aromatizzato attraverso un’infusione di piante aromatiche, tra le quali non può mancare l’Artemisia. Le specie più utilizzate sono Pontica e Absinthium.

Il grado alcolico e il tenore zuccherino possono cambiare in base alla tipologia di vermouth preso in considerazione. Il Vermouth di Torino è tutelato con l’indicazione Geografica (IG), dal 22 marzo 2017 il disciplinare ne determina principi di produzione.

Origine del nome Vermouth.

L’origine del nome è incerta ma esistono diverse teorie. La più accreditata dice che l’origine di questa parola deriva dal termine tedesco “wermut”, utilizzato per definire l’Arthemisia Absinthum. La seconda teoria associa il termine ad un vino aromatizzato usato dalle truppe tedesche, attribuito ad un erborista francese del Re Sole. I soldati tedeschi lo chiamavano Wehr-Mut, ovvero “coraggio liquido”.

Storia del Vermouth.

La nascita del vermouth : I vini conciati

Il vermouth è oggi conosciuto come il frutto della tradizione liquoristica piemontese. Dalla metà dell’Ottocento in poi molti testi riportano ricette riguardanti la nascita e la produzione di questo prodotto. Prima di questa data venivano riportate sui testi esclusivamente ricette che fanno riferimento a hypocras, ovvero vini conciati. Questi vini risultavano però avere un profilo aromatico più semplice, meno botanicals e in grammature inferiori, quindi il risultato era lontano dal vermouth per come lo intendiamo adesso.

La tradizione greco-romana e il largo uso dei vini aromatizzati

Greci e romani facevano largo uso di vini aromatizzati, questo dimostra la volontà da sempre dell’uomo di migliorare i profumi di un vino. Il motivo era dato dai difetti della fermentazione e dalla poca efficienza sul controllo delle temperature. Per questo il risultato spesso necessitava di correzioni in modo tale da smussare alcuni sapori poco graditi o anomalie del prodotto. L’abitudine di utilizzare ingredienti per aromatizzare un vino deriva probabilmente dalla tradizione orientale, come affermato dai testi di Aristotele, Teofrasto e Plinio. In Grecia veniva consumato un vino detto myrines, ottenuto dalla mirra, i romani  invece bevevano il foliatum (nardo e altre spezie), il rosatum (petali di rose) e il violatum ( aromatizzato con viole). Queste preparazioni a base di vino erano utilizzate come benvenuto e per accompagnare i pasti.

Il contributo di Ippocrate per il Vermouth.

Da questo periodo storico in poi si può parlare di produzioni che si avvicinano in maniera considerevole a quelle odierne. Le nozioni sempre più accurate sulla distillazione migliorano le tecniche estrattive di erbe e spezie, dando un gusto sempre più strutturato al prodotto. Inoltre l’aumento dei commerci e la nascita della Compagnia delle Indie diede la possibilità di integrare materie prime che non erano ancora in commercio.

Come detto in precedenza, nel Medioevo gli studi sulla liquoristica e sulla distillazione si evolvono. Una svolta per la produzione del Vermouth venne introdotta da Arnaldo Da Villanova. Dai suoi studi nasce la fortificazione, conosciuta all’epoca come mutizzazione. Questa intuizione è fondamentale nella produzione dei futuri vermouth e vini liquorosi. La mutizzazione consisteva nel bloccare la fermentazione attraverso l’uso di un’ acquavite. In questo il residuo degli zuccheri non fermentati rendeva più dolce il vino, dandogli stabilità.

Il Vermouth nel Medioevo.

Da questo periodo storico in poi le produzioni si avvicinano in maniera considerevole a quelle odierne. Grazie alle nozioni sempre più accurate sulla distillazione migliorano le tecniche estrattive di erbe e spezie, dando un gusto sempre più personale al prodotto. Inoltre l’aumento dei commerci e la nascita della Compagnia delle Indie diedero la possibilità di integrare materie prime che non erano ancora in commercio.

Come detto in precedenza, nel Medioevo gli studi sulla liquoristica e sulla distillazione diventano sempre più accurati, una svolta per la produzione del Vermouth venne introdotta da Arnaldo Da Villanova. Dai suoi studi nasce quella che noi chiamiamo fortificazione, conosciuta all’epoca come mutizzazione, questa intuizione è fondamentale nella produzione dei futuri vermouth e vini liquorosi. La mutizzazione consisteva nel bloccare la fermentazione attraverso l’uso di un acquavite, in modo tale da non far fermentare gli zuccheri e poter usufruire di questi per la dolcificazione del vino, dandogli stabilità.

La tradizione piemontese del Vermouth.

Grazie ai Savoia, la tradizione liquoristica piemontese godette di un primato culturale in quest’ambito. Nel 1583, Carlo Emanuele I di Savoia emanò un provvedimento a favore dei produttori perché la presenza di acquavitai e liquoristi era molto ampia. Nel 1739 fu fondata la prima Università di confetturieri e acquavitai. Grazie a questa fu concessa la “patente” di esercizio della professione. Questo attestato aveva il compito di regolamentare la produzione di acquavite. Sempre più famiglie borghesi si cimentarono nella produzione di Rosoli, liquori alle erbe e vini aromatizzati. Questo, dovuto al fatto che le materie prime che arrivavano dalla vicina Genova, le botaniche delle Alpi erano di facile reperibilità. Ed inoltre per l’abbondanza di vigneti ed uve piemontesi. Di conseguenza sempre più ricette furono tramandate di generazione in generazione, diffondendo sempre maggiore notorietà e importanza alla tradizione piemontese anche fuori dal proprio territorio.

L’enoteca Marendazzo e l’intuizione di Antonio Benedetto Carpano.

Nel 1780 nasce l’enoteca Marendazzo, in Piazza Castello a Torino. Qui, un giovane garzone di nome Antonio Benedetto Carpano diede una significativa svolta. Egli nel 1786 divenne famoso per via della ricetta del suo vermouth, composto da vino moscato e trenta tra erbe e spezie. Ancora oggi si dibatte sulla paternità del prodotto, quindi su chi ne fu l’inventore. Ma una cosa certa è che Carpano fu quello che industrializzò il processo, introducendo delle innovazioni nella ricetta. L’enoteca ebbe un enorme successo e divenne un punto di riferimento a Torino. Era diventata il ritrovo per molti che volevano degustare la specialità del Signor Carpano. L’ideatore trasformò una ricetta di famiglia che all’origine aveva scopo medicamentoso, rendendola piacevole da degustare con spezie dolci, vino di qualità e l’aggiunta di zucchero.

“L’Ora del vermouth”: la nascita dell’aperitivo.

Come detto in precedenza, sempre più persone cominciano ad appassionarsi ai risultati della tradizione liquoristica piemontese. Questo coincise con la nascita dell’ora del vermouth” che divenne ben presto un’ abitudine. Dopo il lavoro, dalle 18.00 alle 21:00 tutti andavano a degustare nei bar quel vermouth accompagnato da appetitosi stuzzichini. L’aperitivo nasce come defaticante dopolavoro, ed era il momento in cui si poteva discutere di politica, cultura generale e sport. “La signoria vostra è invitata al vermouth delle 18.00”. Questa era la dicitura degli inviti del novecento. Ogni momento di convivialità era caratterizzato dall’uso di questo vino, bevuto liscio o con uno spruzzo di soda( vermuttino).  

Gancia e l’avvento del Vermouth bianco.

Anche il dibattito sulla nascita del vermouth bianco è acceso: la prima registrazione di cui ci sono tracce risale al 1903, la seconda nel 1908.  I due marchi tuttavia non ebbero grande impatto nel mercato del vermouth, come invece ebbe Gancia. La formula vincente di Gancia è datata 1915. Da qui si comincia a distinguere il vermouth rosso da quello bianco, in precedenza la diversa cromìa non era sottolineata. Le pubblicità dell’epoca erano indirizzate a un pubblico femminile, quindi il lancio del vermouth bianco aveva un target mirato, essendo le donne all’epoca poco inclini al gusto amaro, da qui lo slogan: “ in ogni stagione è il preferito dalle signore”. Infatti il profilo organolettico del vermouth bianco era più fresco, morbido e fruttato. Per quanto riguarda il vermouth dry invece la nascita della produzione è merito dell’erborista francese Joseph Noilly (1813), da cui nascerà in seguito l’azienda Noilly Prat (1843).

Composizione e materie prime.

Il vino.

Il Vermouth di Torino deve essere preparato per la maggior parte con Moscato di Canelli. Possono utilizzare anche altri vini come l’Erbaluce e il Cortese ( meno aromatici ) e il Trebbiano dell’Emilia Romagna. Inoltre concorrono anche i vini bianchi siciliani, i vini bianchi pugliesi e vini bianchi sardi. Essi sono più alcolici ed evitavano il processo di fortificazione. Infine, è ammesso l’utilizzo di vini di vendemmie precedenti. Sono preferiti, per dirla in breve, i vini dalla buona aromaticità e con una buon residuo zuccherino.

Lo zucchero.

È un ingrediente essenziale per il bilanciamento dell’amaricanza degli elementi, inoltre conferisce struttura al prodotto. In principio era utilizzato lo zucchero di canna proveniente dall’Egitto, in seguito, data la crescente produzione di barbabietola venne preferito quest’ultimo. Il colore scuro è dovuto all’itilizzo di zucchero bruciato, che una funzione legante. In alternativa si usa il caramello naturale che dona un colore più scuro e un gusto più amaro.

L' alcol.

La tradizione italiana prevede per la produzione di vermouth l’alcol etilico, ricavato dal vino tramite distillazione. Tuttavia può essere utilizzato quello ricavato da cereali, melassa di canna da zucchero o barbabietola, distillato a 95/96°C.

Erbe e spezie.

Erbe e spezie variano nelle ricette per numero, varietà e proporzioni. L’estratto, che costituisce la parte aromatica del Vermouth, è composto da un insieme di foglie, radici, rizomi, cortecce etc. Le composizioni sono opera dell’ingegno del produttore. Le piante aromatiche giocano un ruolo fondamentale poiché determinano le peculiarità del prodotto.

L' acqua.

L’acqua è utilizzata per la diluizione dell’alcol impiegato nella macerazione delle erbe e delle spezie, e per sciogliere lo zucchero. Deve essere pura e contenere meno sostanze minerali possibili.

Metodo di produzione del Vermouth.

Il requisito principale per la produzione del Vermouth di Torino è quello dell’utilizzo di un vino di qualità. Potrebbe essere bianco o rosso, l’importante è che bilanci gli aromi e lo zucchero. Alla base alcolica sono aggiunti gli estratti ottenuti dalle erbe e dalle spezie, ottenuti attraverso un’ infusione alcolica di 15/20 giorni. In seguito si procede con la miscelazione dello zucchero e del vino, questi poi sono lasciati affinare per qualche mese in vasche di maturazione. L’ultimo step dopo aver filtrato il composto è quello dell’imbottigliamento. Detta così sembra tutto molto semplice, in realtà trovare un equilibrio ed una stabilità tra tutte le componenti è molto difficile. È importante la selezione della materia prima , il rispetto dei tempi di infusione e delle quantità da utilizzare. L’obiettivo è quello di mantenere uno standard qualitativo nel tempo, date le caratteristiche sensibili delle componenti del vermouth.

Tipologie e livelli zuccherini del Vermouth .

Le diverse tipologie sono le seguenti.

  • Extra Dry può avere fino a 80g/l di zucchero.
  • Dry può avere fino a 50g/l di zucchero.
  • Semi Secco può avere fino a 50-90g/l di zucchero.
  • Semi Dolce può avere fino a 90-130g/l di zucchero.
  • Dolce può avere oltre 130g/l di zucchero.